Alzi la mano chi non ha detto a qualcuno, o si è sentito dire, almeno una volta nella vita: “Sei proprio multitasking tu!” e ciò era certamente inteso come un complimento.
La verità è che solo il 3% di noi esseri umani ha un cervello davvero multitasking, inteso come l’essere in grado di processare informazioni e compiti contemporaneamente senza compiere errori e perdere in efficacia ed efficienza.
Ho studiato Neuroscience e quando studiavo i testi sul cervello multi tasking versus switch tasking ho dovuto davvero rassegnarmi alle evidenze scientifiche e rivedere molte mie credenze fino a quel momento inossidabili.
Ma è altrettanto un fatto che la maggior parte di noi pensa di essere multitasking, giusto?
Io ho pensato di esserlo per molto tempo e mi sono comportata come tale e ora che conosco meglio come funzioniamo, mi spiego il perchè di alcune mie défaillance in termini di attenzione, memoria, regolazione emotiva in periodi di sovraccarico di attività.
Il nostro cervello è switch tasking non multitasking.
Quello che crediamo di fare contemporaneamente in realtà lo facciamo in rapidissima sequenza.
Il nostro cervello in modalità switch tasking si “fraziona” e perde colpi in termini di lucidità ed accuratezza.
Come in una partita di ping pong costante tra compiti, decisioni, ricordi, proiezioni future, emozioni…
Ormai le neuroscienze parlano chiaro a riguardo, con migliaia di studi e ricerche a supporto, la maggioranza di noi non è multitasking anche se viviamo da multitaskers.
Ed esiste un enorme differenza tra l’essere ed il fare.
La vita che viviamo tutti è senza dubbio “multitasking” ed è pure peggiorata negli ultimi due anni e mezzo, dove i confini tra gli ambiti personali e professionali sono diventati di carta velina, ma è fondamentale per il nostro benessere fisico e mentale fare i conti con ciò che il nostro cervello può supportare o meno.
In modo da evitare di tirare la corda e finire in black out dai quali poi è lunga e difficile riprendersi.
Gli effetti del switch tasking costante sono tangibili e si manifestano in vario modo: stanchezza cronica, nervosismo, irascibilità, disturbi del sonno, disequilibrio emotivo, buchi di memoria e la lista potrebbe continuare ancora, visto che siamo un sistema.
Lo so, la prima reazione è dire che non se ne può fare a meno, che è necessario.
Durante i corsi che tengo sull’argomento e i coaching individuali le discussioni sul tema sono infinite e si versano spesso anche parecchie lacrime.
Il problema è reale e se vi può in qualche modo consolare direi che questo tema non conosce confini o latitudini, questo stretching costante su mille fronti è dilagante.
Quando siamo impegnati in più attività contemporaneamente, le nostre reazioni e valutazioni rallentano, facciamo errori, ci perdiamo dei pezzi, e ciò inevitabilmente fa aumentare la nostra frustrazione.
La verità, quella che forse in pochi vogliamo sentirci dire, è che siamo assuefatti a questa modalità, anche perchè viene strumentalizzata ed osannata con il risultato di darle “da mangiare” sempre e spesso in modo incosapevole.
Basta osservarsi, guardarsi intorno, leggere quante ore passiamo davanti ai nostri devices, c’e’ da spaventarsi a consultare il nostro screen time giornaliero e settimanale, se si ha il coraggio di andarlo a vedere.
Provo a farvi qualche domanda per potersi osservare “da fuori”.
Quanto resistete in un luogo in attesa senza “fare nulla”, solo stando lí nel momento?
Alla cassa del supermercato, alla fermata del bus, al semaforo, mentre sorseggiate un caffè, mentre portate giù il cane, quanto resistete a rimanere lí, in una sola singola attività?
Quanto resistete senza raggiungere il telefono, rispondere a quel messaggio, a quella email, a scrollare i social network?
Quanto dura la vostra attenzione?
Quanto siete intenzionali sul come e dove la direzionate?
La nostra attenzione è un bene che si consuma inesorabilmente e lo switch tasking la fa a brandelli.
Vi percepisco pensierosi, forse perplessi e magari pure con qualche nervo scoperto o sbaglio?
Se fosse questo il caso, vi assicuro che quando nascono nuove domande, si trovano pure nuove risposte.
Vi voglio comunque lasciare con due consigli di lettura per iniziare a gestire questa assuefazione compulsiva al dividere la nostra attenzione anche quando non è necessario.
Il primo è un libro che va subito diretto all’antidoto del multitasking e si chiama ” The 12 monotasks” di Tatcher Wine
Una lettura breve ma intensa, quasi un manuale di viaggio e di cura che propone di allenare 12 muscoli mentali (ma non solo) per uscire dall’atrofia del sentirsi sempre risucchiati dalla simultaneità, anche quando non è necessaria.
Un suggerimento per questo libro: sfogliandolo partite dal capitalizzare ciò che già fate aggiungendoci solo dell’ intenzionalità e poi aggiungete una nuova sperimentazione monotask a settimana.
Il secondo libro parla di mindfulness neuroscientifica, vi porterà in un viaggio incredibile su come gestire la nostra attenzione ed essere in grado di utilizzarla in modo consapevole con esercizi pratici.
Ci vogliono 12 minuti al giorno per incidere in modo significativo sulla nostra soglia dell’attenzione e capacità di focalizzazione e ce li abbiamo tutti!
Si chiama “Peak Mind” del Dr.Amishi P.Jha.
Vi preannuncio che ci sarà del disagio inizialmente in queste letture, specie se siete proprio degli switch taskers incalliti, ma provateci perchè è solo disabitudine.
State dentro a questo disagio e provate davvero solo a darvi il tempo necessario per apprezzare il beneficio di una di queste pratiche, perchè sicuro arriverà.
E se avete letto tutto questo articolo senza aprire emails, controllare i messaggi o rispondere a qualcuno, siete già a buon punto…altrimenti beh non siete i soli, ma ora avete un paio di letture da fare!
Monica ~ Italia
Bellissimo articolo Monica e due spunti di lettura curiosi che metto subito in agenda. Sembra quasi che la sfida di oggigiorno sia, invece del multitasking, quella della concentrazione e dell’attenzione sulla one task. Allucinante vero?